Vanno risarciti dall’ASL gli eredi del dipendente morto di cancro a causa del fumo passivo. È questo il principio statuito dalla Corte di Cassazione con una recentissima sentenza.

In particolare per il giudice di legittimità il risarcimento ai familiari della vittima spetta indipendentemente dall’esistenza di una normativa specifica, gravando sul datore di lavoro un obbligo generale ai sensi dell’art. 2087 c.c. teso all’adozione di tutte le misure di sicurezza idonee a tutelare la salute dei dipendenti.

Ed infatti, per la Suprema Corte, l’azienda sanitaria locale va condannata al risarcimento dei danni atteso che, in un periodo in cui la normativa antifumo non era stringente come lo è oggi, non ha impedito l’insorgenza di un cancro al dipendente costretto a condividere un piccolo ufficio con i colleghi fumatori, posto proprio di fianco alla stanza dove venivano effettuati esami radiologici.

La decisione della Corte di Cassazione, sezione lavoro, è la n. 21287/2019 con cui il Supremo Giudice ha respinto il ricorso di una USL (oggi ASL) condannata dalla Corte d’Appello a risarcire circa 200.000,00 euro agli eredi di un dipendente deceduto, secondo la tesi dei congiunti, a causa di un cancro determinato dall’esposizione al fumo passivo e ad agenti cancerogeni sul luogo di lavoro.

Lascia un commento

Chiudi il menu