È chiamato a rispondere penalmente di omicidio colposo per decesso del paziente il medico che effettua l’esame diagnostico in maniera superficiale. È questo il principio sancito dalla Suprema Corte di Cassazione con la recentissima sentenza n. 30627/19.

Per la Corte di Cassazione, in particolare, la responsabilità penale per omicidio colposo va dichiarata anche quando il sanitario ometta di accertare in via preventiva la presenza di focolai endometriosici a livello del douglas e, per tale ragione, sottoponga una paziente a una terapia operatoria laparoscopica invece che laparotomica.

La vicenda traeva origine da una questione sottoposta all’esame della Corte di cassazione che, interpellata dai medici condannati in sede di merito, ha confermato la penale responsabilità, per le predette ragioni, dei due sanitari.

I medici, nel caso sottoposto all’esame della Corte, erano stati condannati anche per aver cagionato delle lesioni alla donna, per aver eseguito il controllo laparoscopico successivo all’intervento chirurgico praticato in maniera superficiale, nonostante i riscontri operatori, e per non aver diagnosticato una lesione presente nella paziente.

Segnatamente, alla base della condanna per omicidio colposo vi era il decesso causato dallo shock settico, in anemia e insufficienza circolatoria da peritonite stercoracea conseguente a lesione iatrogena del retto, determinata dall’intervento chirurgico praticato dai due medici dopo aver diagnosticato un utero fibromatoso.

Secondo la Suprema Corte, la motivazione alla base del convincimento del Giudice di merito è stata sviluppata in maniera coerente, senza fratture logiche e nel rispetto degli insegnamenti della Corte di cassazione in materia di responsabilità medica.

Per tali ragioni, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso.

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