Il richiedente autosufficiente di un assegno di mantenimento, non è più legittimato a richiedere un contributo a carico dell’altro coniuge.

Per la Suprema Corte è ormai superato il criterio del tenore di vita. Questo è il principio stabilito dalla Cassazione nella recentissima sentenza n. 24934 del 2019, confermando un consolidato orientamento giurisprudenziale.

La giurisprudenza della Suprema Corte si è  occupata negli ultimi anni soprattutto della problematica relativa all’adeguamento o meno  dell’importo dell’assegno divorzile al tenore di vita dei coniugi durante il matrimonio.

Sono poche invece le pronunce che si sono occupate della la problematica dell’adeguamento o meno dell’importo dell’assegno di “separazione” in caso di separazione (c.d. “assegno di separazione”).

In tema di separazione personale dei coniugi (e non di divorzio)  alla breve durata del matrimonio non può essere riconosciuta, quindi, efficacia preclusiva del diritto all’assegno di mantenimento, ove di questo sussistano gli elementi costitutivi, rappresentati dalla non addebitabilità della separazione al coniuge richiedente, dalla non titolarità, da parte del medesimo, di adeguati redditi propri, ossia di redditi che consentano di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, e dalla sussistenza di una disparità economica tra le parti; al più, alla durata del matrimonio può essere attribuito rilievo ai fini della determinazione della misura dell’assegno di mantenimento.

La Suprema Corte con una recente decisione (ordinanza n.26084 del 2019)  ha affermato (e confermato) che non rileva il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio per il riconoscimento e quantificazione dell’assegno di separazione. E ciò perché l’assegno  c.d. di separazione assolve principalmente ad una funzione assistenziale, ed il tenore di vita non costituisce un parametro di riferimento per la determinazione dell’assegno di separazione.

L’assegno di separazione (come quello divorzile) non va, quindi, rapportato né al pregresso tenore di vita familiare, né al parametro dell’autosufficienza  economica, ma in misura tale da garantire all’avente diritto un livello reddituale adeguato al contributo familiare. Il collegamento tra adeguatezza dei mezzi e tenore di vita familiare durante la convivenza matrimoniale, ai fini del riconoscimento dell’assegno per il coniuge separato (ma anche di divorzio), è espressione di una interpretazione giurisprudenziale, non essendo tale collegamento indicato esplicitamente dalla norma; esso va comunque temperato, nella considerazione che spesso l’obbligato non può mantenere, nella separazione (o nel divorzio), lo stesso tenore di vita di cui godeva durante la convivenza matrimoniale, e ciò non  potrà che incidere sul diritto dell’altro coniuge.

Anche per l’assegno di “separazione” è venuto meno  quindi l’aggancio al tenore di vita dell’altro coniuge.

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