È affetta da nullità la notifica di una cartella esattoriale eseguita in mani di un familiare che si dichiari convivente, ma non lo sia.

È questo il principio con sui la Suprema Corte con una recentissima ordinanza della sezione tributaria ha chiarito che la notifica di un atto nelle mani di un familiare del destinatario può essere compiuta validamente solo se tra i due soggetti vi sia un effettivo rapporto di convivenza, a prescindere da quanto affermato dal ricevente.

Con tale decisione, la Suprema Corte ha in particolare ribadito che la dichiarazione di convivenza resa dal familiare può essere superata dal certificato anagrafico che attesti la residenza del contribuente in un altro immobile, essendo tale circostanza sufficiente a rendere nulla la notifica effettuata dall’agente postale.

Alla base della decisione degli Ermellini c’è la considerazione che determinate attestazioni contenute nella relata dell’agente postale possono essere superate da specifica prova documentale.

Come già affermato da precedente giurisprudenza della Corte di Cassazione, non tutte le attestazioni contenute nella relata di notifica dell’agente postale o dell’ufficiale giudiziario sono destinate a far fede fino a querela di falso.

Secondo gli Ermellini, infatti, la presunzione di ricezione dell’atto da parte del destinatario opera solo se il familiare ricevente abiti con lui nell’immobile ove è fissata la sua residenza.

L’attestazione di convivenza resa dal familiare ricevente, pertanto, è superabile dalla produzione di un certificato di residenza che sia stato registrato all’anagrafe in data anteriore rispetto a quella in cui è stata notificata la cartella esattoriale.

Al contribuente, dunque, il giudice non può richiedere alcuna ulteriore dimostrazione negativa relativa al presunto rapporto di convivenza tra lui e il soggetto che ha ricevuto l’atto.

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