Il DASPO, seppur applicabile ai tesserati di federazioni sportive, deve essere necessariamente preceduto da un giudizio prognostico circa la pericolosità del soggetto colpito dalla misura. E’ questo l’importante principio enunciato dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza in rassegna.
Per il Giudice della nomofilachia, infatti, nella applicazione del provvedimento di DASPO deve essere necessariamente formulato un giudizio prognostico circa la pericolosità del soggetto colpito dalla misura, al pari della valutazione che deve essere espressa in relazione all’applicazione di qualsiasi misura di prevenzione, finalizzata, appunto, a prevenire condotte valutate dal legislatore come pericolose (nel caso dell’ari 6 della legge n. 491/89, condotte idonee a turbare l’ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive).
Detta pericolotà sociale, ricorda la Cassazione citando il proprio orientamento, è “del tutto particolare perchè riguarda persone che, spesso, hanno una normale vita di relazione estranea ai circuiti criminali; ma ciò non esclude le finalità di prevenzione anche se dirette a contrastare un limitato settore delle attività criminali o comunque pericolose per l’ordine pubblico”.
Per la Corte regolatrice, nel caso in esame (rissa insorta fra i calciatori delle due squadre sul campo di gioco e successivamente proseguita negli spogliatoi), il giudizio prognostico è stato espresso dal giudice in sede di rinvio il quale, con motivazione immune da censure, in quanto priva di qualsiasi connotazione di illogicità, ha ritenuto di dover formulare una prognosi favorevole. D’altra parte, ha proseguito il Giudicante, se, in via di principio, non fosse necessaria una valutazione prognostica di pericolosità – in relazione alla misura in argomento – questa Corte, in relazione alla concreta fattispecie, decidendo in occasione del primo ricorso del P.M., nell’enunciare il principio dell’applicabilità della misura anche a soggetti tesserarti di federazioni sportive, non avrebbe annullato l’impugnato provvedimento di mancata convalida con rinvio, bensì senza rinvio sul presupposto della legittimità dell’applicazione della misura da parte del Questore.